L'ALBERO (INTRO PARTE 2)
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Oderso Rubini
La storia inizia, come tradizione vuole, con il classico il colpo di fulmine tra un vecchio furgone Renault, acquistato da un gruppo di studenti del DAMS (Leonardo Giuliano, Francesca Piva, Giovanni Natale, Aldo Castelpietra) per fare un diario visivo del Convegno, e un vecchio stanzone in Via S. Felice al 22 (servizi al bar di fronte), che contagiato dall’atmosfera elettrizzante del momento e nella speranza di riacquistare un po’ di nobiltà perduta, si stava rifacendo il trucco (materiale edilizio di riporto) grazie a Carlo detto “Cialdo” Capelli (musicista, già nel gruppo di Dalla), con il contributo mio (studente di ingegneria elettronica, manipolatore sonoro apprendista nonchè grafico per diletto), di Anna Persiani (la mia ragazza, studentessa DAMS e Grafica) e di Domenico Salvarezza (studente ISEF e appassionato di musica), per trasformarsi in un piccolo Studio di Registrazione. Io e Anna peraltro a quei tempi, impaginavamo libri d’arte e la rivista Terzocchio per le Edizioni Bora. L’officiante, legittimato nel ruolo da una consolidata attività di professionista autodidatta e poliedrico (operatore, fonico, montatore, fotografo e tante altre cose), sarà un piccolo Archimede indigeno di qualche anno più grande (Gianni Gitti), il cui laboratorio in via Schiavonia era un vero bazar di macchine professionali: mixer Argentini, registratori multi traccia Revox, moviola Prevost, giuntatrice Catozzi, cavalletto Cartoni, cineprese 16 e 35 Arriflex, i primi video tape, lampade al quarzo Shapiro, registratore Nagra, macchina fotografica Nikon con la più completa serie di obbiettivi. Tutte queste strumentazioni, con la professionalità di Gitti e la sua disponibilità erano una vera manna. I luoghi del misfatto sono uno Studio di Registrazione (Fonoprint), attorno al quale gravitano Cialdo, Leonardo e Gitti e le tante case del Centro di Bologna, affittate a studenti. Nasce ovviamente l’Harpo’s Bazaar in forma di cooperativa e di lì a poco Lella (la ragazza di Cialdo, Studentessa in Filosofia), Jean Luc Dorn (studente DAMS) e Nino Jorfino (Camera, Humpty Dumpty), offriranno il loro contributo allo svezzamento. Questi processi di aggregazione con caratteristiche assolutamente spontanee ed istintive, avvengono perchè quello che alimenta l’urgente bisogno di fare di quei giorni sono le idee. Per lo più squattrinati, ovviamente inesperti, vagamente presuntuosi, fatalmente ingenui: si guarda alla vita lavorativa con un grandangolo. Clic. E’ la fotografia del momento. Personalmente ritengo che, se il ’77 viene identificato come l’ultima grande e significativa forma di movimento culturale e politico sviluppatasi in Italia, questa peculiarità sia stata determinata dalla fortunata sintesi di due elementi naturalmente distanti (e in qualche modo tra loro antitetici): ragione & istinto. La politica, i cui strumenti primari sono l’arte dialettica e il ragionamento, teorizza un percorso e poi ne cerca la concreta applicazione. L’atto creativo invece è istinto puro: il subconscio elabora e filtra le emozioni fino a farle esplodere come d’incanto in tutta la sua forza. In quegli anni queste due cose si sono mirabilmente intrecciate e mescolate, alimentandosi l’una dell’altra. Bisognava essere lì, in quel momento, per elaborarne la straordinarietà e coglierne l’ intensità.

 

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