ANDY J.FOREST
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Bluesman americano
Verso la fine degli anni settanta ero a Parigi e suonavo con un bassista che frequentava il Dams. Mi invitò a Bologna, dandomi in mano un biglietto per il treno. L’idea era quella di fare una decina di concerti per poi ritornare nella capitale francese e successivamente in America. Erano infatti già un paio d’anni che giravo per l’Europa. A Parigi avevo scritto un paio di colonne sonore, suonavo in strada e nei club. A Bologna mi esibii subito al Teatro San Leonardo e pochissimi giorni dopo al ‘Punkreas’. Poi qualcuno mi disse che era in previsione, a distanza di un mese, una grande kermesse al palasport organizzata dalla Harpo’s Bazar. Mi chiesero se volevo partecipare ed io accettai. Restai così a Bologna in attesa di questo evento. Alla fine ho vissuto nel capoluogo emiliano per dieci anni. […] Subito dopo il ‘Bologna Rock’, l’Italian Records mi propose di realizzare un album, che venne distribuito, se mi ricordo bene, dalla Dischi Ricordi. Infatti grazie alla mia apparizione al festival bolognese ottenni diverse recensioni, tutte positive e la mia carriera artistica prese una svolta interessante. L’agenzia di concerti di Guccini, per esempio, mi prese sotto contratto e feci da spalla a Francesco in molte date. […] Bologna mi piaceva tantissimo. Ebbi una buonissima impressione appena arrivato in città. C’era un fermento notevole e tantissimi gruppi. Io e la mia band provavamo nelle cantine di Via San Vitale, dopo potevi incontrare i Windopen, i Gaz Nevada, o i Naptha. C’era un buonissimo clima d’amicizia. Ogni band invitava ai propri concerti gli altri musicisti ed ogni sera era una festa. C’era una radio che sosteneva la scena, ‘Radio Città’, ed organizzava concerti nel capoluogo emiliano. Noi abbiamo prestato più di una volta il nostro furgone ad altri combi. Fu veramente un bel periodo. A Parigi avevo conosciuto tante persone che mi promettevano di fare dischi, o tour, ma non succedeva mai niente, a Bologna invece mi dissero: “Forse registriamo un album” e poco dopo era nei negozi. Probabilmente la mia “fortuna” in quegli anni è stata favorita dalla paura di tutti gli artisti stranieri di suonare in Italia. Erano state lanciate delle bottiglie molotov sul palco di Santana e le grosse agenzie internazionali decisero che l’Italia era un Paese da evitare. Così per me non c’era tanta concorrenza, ero l’unico americano in Italia che faceva blues con una buonissima band peninsulare. […] Da allora sono cambiate tante cose. Oggi il blues è più conosciuto. In Italia ci sono molti festival dedicati a questo genere musicale, anche se a dire il vero ora sono venute a mancare tante occasioni live che un tempo erano legate alle ‘Feste de l’Unità’, che numericamente sono diminuite. […] Ricordando un episodio piacevole legato a quegli anni mi viene in mente la mia partecipazione alla registrazione di un brano di Fabrizio De Andrè, “Quello Che Non Ho”, dove suonai l’armonica. Sempre legato a De Andrè mi rammento anche un episodio spiacevole. Quando Fabrizio venne a suonare al palasport a Bologna lo andai a salutare prima del concerto. Lui mi invitò a fare la mia parte d’armonica. In scaletta “Quello Che Non Ho” era la prima canzone ed avrei dovuto suonare utilizzando il microfono di Mauro Pagani. Appena arrivai dalla parte di Pagani, Mauro mi indicò che non potevo usare quel microfono, ma dovevo spostarmi dall’altra parte del palco. Mentre velocemente mi stavo dirigendo verso il microfono più lontano, il servizio d’ordine mi “catturò”, un urlo di qualcuno mi liberò dalla presa, ma intanto il tempo stringeva. Finalmente arrivai al microfono, che però era spento. Contemporaneamente sentii iniziare la parte di armonica, Pagani la stava suonando e mi guardava. Fu decisamente un brutto episodio. Forse Mauro ha voluto farmi uno scherzo, però per me era una buona opportunità e poi avrei suonato davanti al pubblico “di casa”. O forse era incazzato perché sul disco la parte di armonica non l’aveva suonata lui, chissà. […] Di politica non capivo molto. Il mio italiano era decisamente debole. Quando ci fu l’attentato alla stazione di Bologna ero in Puglia, la notizia mi arrivò quasi subito e mi gelò il sangue. Di Bologna mi ricordo il clima caldissimo d’estate e freddissimo d’inverno. Però i bolognesi si coprono con i portici e sopportano questi sbalzi micidiali. […] Dopo il primo mese a Bologna, nel ’79, cercai di trovare una sistemazione in una città di mare, perché ero cresciuto a Los Angeles e volevo sentire l’odore dell’acqua marina, poi però ho attraccato in mezzo alla pianura padana. Strano. […] Del disco prodotto dall’Italian Records ho dei ricordi molto belli. Oderso decise, dopo aver registrato buona parte dell’album, di farci suonare dal vivo in una sala prova, ed alcuni brani sono stati fissati sul master in questo modo. Rammento ancora le “battaglie” per poter registrare con i nostri amplificatori, che ritenevamo più adatti alla nostra musica. Era il mio primo disco, avevo 23 anni ed ero contentissimo. La foto di copertina fu scattata da Red Ronnie ed il 33 ottenne, tra le altre, una recensione di Renzo Arbore sull’edizione italiana di ‘Rolling Stone’. Purtroppo oggi non ho la possibilità di ascoltarlo, ne possiedo infatti un paio di copie, ma non ho un giradischi. Peccato. […] Insomma Bologna ha tenuto a battesimo la mia carriera discografica. Grazie di cuore.

 

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